1. |
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È un cluster di stelle, oggetto sferico antico,
è un viaggio nel tempo tra cose presenti, ma anche svanite.
È un meteoroide, frammento di nebulosa,
nell’atmosfera libera ioni e mette in mostra una scia.
È un gravitone, particella elementare,
è il sogno di due corpi attratti che lottano per stare assieme.
M.I.C.R.O.C.O.N.T.R.O.L.L.O.R.E. F.A.N.T.A.S.C.I.E.N.T.I.F.I.C.O.
Per rimanere al passo coi tormentati tempi
ho preso economico, un microcontrollore.
Il capitalismo spaziale ci invade gli esomondi,
ma io ho progetti semplici, molto nella media.
Ci faccio lampeggiare alcuni led ritmici
giacché forse domani, un motore elettrico.
Ho pure un manuale per ninnoli domotici
ma è troppo sbattimento, solo per innaffiare trifidi.
Poi ho compreso alcune ingenuità:
mettendoci uno speaker, non quelli piezoelettrici,
con uno sforzo parco, potevo riformarlo.
Ripensando il progetto un po’ qua e un po’ là,
cambiando qualche nota e qualche strofa
in conclusione potevo anche suonarlo.
Per rimanere al passo, coi tormentati tempi,
ho imboccato impavido una svolta radicale.
Coi microcontrollori, trivellano asteroidi,
ma io ho progetti sonici, fin troppo nella media:
un synth analogico, forse proto-digitale.
C’ho messo due manopole e un fotoaccoppiatore,
è un modo comodo, certo, di atteggiarsi a spaziale,
ma alla fine son sincero suona proprio come un rutto.
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2. |
Corpo celeste
03:50
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I più informati tra voi mi dicono che dovrei chiamarlo
corpo astrale, quel modo sottile e un po’
psicotronico di viaggiare.
Ma io sono materialista e anche fosse il mio
corpo astrale a vagare ondivago per il cosmo,
per me rimarrà sempre un corpo celeste.
Il mio corpo celeste
rompe con la noia
opta per il vuoto
migra d’estensione
non occupa lo spazio
s’estende per sostanza
percorre la distanza
l’infinità.
Il mio corpo celeste
rompe con la noia
opta per il vuoto
migra d’estensione
non occupa lo spazio
s’estende per sostanza
percorre la distanza
l’infinità.
Il mio corpo celeste
rompe con la noia
opta per il vuoto
migra d’estensione
non occupa lo spazio
s’estende per sostanza
riempie questa stanza
d’infinità.
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3. |
La guerra fredda dei pet
03:10
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Cani Inferociti
con l’ascendente in camera.
Pastorizzati,
miniaturizzati,
in pellicciosi set.
Gatti furiosi
fotografati in camera,
felini organizzati
in ferocissime
gang voodoo.
Cani Inferociti.
Gatti annoiati.
Conigli scatenati.
In pellicciosi set.
Il Parasaurolofo,
col suo ordigno sonico,
v’avrebbe ammazzati
se trasformato in pet.
Il Parasaurolofo,
col suo ordigno sonico,
v’avrebbe fatto a pezzi
se trasformato in pet.
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4. |
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Come ebefrenico guardo il mio doppio
a suo agio, senza tic nervosi,
sveglio, acclimatato, iperrealista non si cura di me.
Destinato a fare vita mineraria.
Ridestato da un sonno criogenico,
ne sperimento controindicazioni.
Nel sonno ipotermico ho giocato col tempo,
ora si sdoppia e si gioca di me.
Gioca con me.
In silenzio osservo me stesso,
lui, senza tutti i tic nervosi
e limpidezza repellente agli urti.
Non è chiaro chi tra noi sia il doppio,
non parteggio per me stesso
d’una densità
vacua fino all’osso.
Provo ad osservare attraverso i suoi occhi,
ma sono ancora in me stesso,
fantastico s’un’esistenza multipla
che concili le cose in modo pratico,
ma ogni anelito rimane cosa duplice.
Svanendo guardo ancora me stesso,
rammento facce e affetti,
ma la memoria è una scatola fatta di buchi.
Ora è chiaro chi tra noi è il doppio
a suo agio in viaggio verso il Tremila,
si risolve in una soluzione a me avversa.
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5. |
Carpentiere cosmico
04:25
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Leggevo Gibson, avevo smesso di osservare
le profondità del cosmo,
da un pianeta conforme al nuovo ordine mondiale.
Prima di me c’era l’abisso di Ballard,
novello esistenzialista, crisi operaia
e general intellect da raccontare.
Ancora prima nel futuro più remoto
c’era stato Asimov con la fiducia nel progresso,
dimora di un domani atomico, che non c’è mai stato.
La disoccupazione ci ha dato un bel mestiere,
mestiere da spaziale, cosmico carpentiere.
Mi sono allora chiesto cosa costruire
con questa efficiente struttura a nido d’ape,
liberi consigli d’estremofilia operaia
repubbliche di soviet, ma con più materia cosmica.
Giocavo coi mattoncini, ma già attendevo
il giorno in cui la Lego avrebbe prodotto componenti
modulari, per esoscheletri totalmente personali.
In anticipo su me giocavano col Meccano
per apprendere le competenze
di un mondo completamente
d’acciaio, meccanizzato.
Ancora prima c’erano i blocchetti di legno, senza nome
e cosa prefigurassero, non riesco a immaginarlo.
Forse una società sul modello dei castori.
Dunque m’hai convinto, questo sarà il domani
intenti a pagare, un tanto al chilo
per restare in piedi, le onde gravitazionali.
Guardavo con speranza al transito d’Oumuamua,
ma non più a te, a quei ribellismi locali
appagati dai saccheggi nel sistema solare.
E mentre il Quarticciolo arrugginisce rosso Marte
e la mia asma, l’aria m’insegna a risparmiare, mi
chiedo se la Terra non era da lasciare il giorno in cui
gli Heaven’s gate, aprirono la strada cosmica.
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6. |
SuperTerra
03:41
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Lontana Superterra, di un ex quadrante ignoto,
di un sistema stellare binario.
Orbita eccentrica, ma compensiamo
migrando in zone con climi più temperati.
Osservo da un nuovo sistema
di riferimento inerziale arbitrario.
Cosmonauta-contadino coltiviamo,
sposando i semi terrestri
al suolo alieno che calpestiamo.
Mi muovo assistito da un esoscheletro
per via del peso straordinario:
estremofili in cerca di casa.
Da dove proveniamo potevamo
emanciparci dal lavoro, ma ricordo
di paure cucite addosso
La nostra nuova Terra, di un ex quadrante
ignoto, di un sistema stellare binario.
Orbita eccentrica ma resistiamo... amo.
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7. |
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M’hai lanciato nello spazio
troppo distante da te.
Dicevi al tempo che era tutto in ordine,
razzi ed emozioni tutti al loro posto.
Nei giorni geometrici di vite austere e tecniche,
prove d’addii a seguir gli allenamenti.
Dicevi al tempo che era tutto in ordine:
dati e sentimenti tutti al loro posto.
Qui moti retrogradi, atmosfere spesse,
gas presenti tossici, moti in congiunzione.
Questa è la mia vita, prevede la tua assenza.
Ho cancellato fotogrammi e note,
l’ho fatto per noi.
Scansione planetaria, sequenza principale
test amminoacidi, andata e ritorno.
Ma tu pianificavi un’esistenza nuova
altrove non qui.
Dicevi al tempo che mancava l’evidenza
d’una correlazione a distanza.
Qui voli iperbolici, atmosfere spesse.
Planetoidi orfani, sistemi in formazione,
Questa è la mia vita, prevede la tua assenza.
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8. |
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9. |
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Buco nero affamato di fisica,
se non ci spaghettifica lo usiamo per non
sentirci distanti.
È strano che sia il vuoto a sorreggermi,
ma su te e sugli altri ha un effetto
spaventoso e radicale:
sul sistema nervoso centrale.
Nello spazio non distinguo il sopra e il sotto,
non come nell’acqua dove a orientarmi
sono le bolle d’aria.
Nel vuoto manca il mezzo elastico
così improvviso in modulo, direzione e verso.
Non guardami, mi sono perso.
Materia oscura che grava sulle nostre spalle,
la usiamo per mantenere le distanze.
Mi sento solo in assenza di vincoli,
ma stare assieme ci inorridisce in modo maniacale
corrompendoci fin dentro al supporto vitale.
Sai, ora ho un robot un ausilio vocale.
Precorre le mie parole, le rende armoniche,
raddrizza le mie note, ma lo devo potenziare
così ti parlerò ieri, sembrando del futuro
e un cantante migliore.
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10. |
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Occupanti del terzo pianeta
barricati dietro una spessa biosfera,
coperti da un cielo putrido
sotto un’asfissiante coltre di carbonio e idrogeno.
Spalanca un’eterotopia
come le uniche belle scene di Stargate,
ma con una Sojuz inclusa nel reddito
da Cittadino dello spazio.
Ceneremo con l’hummus e con le bici al fianco,
interponendo tra noi e le zone rosse,
come nei riot d’Hong Kong,
pezzi di mattoni incollati all’asfalto.
Deflettori infrasonici.
Puntatori laser.
Tute disindividuanti.
Cortei olografici.
Droni kamikaze.
Occupazioni tattiche.
Squadre precog.
Forza lavoro futura
tra Terra e Marte forgiata.
Geneticamente impastata al tardigrada
così adattata in fine ha compreso:
che l’antispecismo precede il genere
e che lo stile di vita non per forza di cose
alla militanza si sostituisce o sovrappone.
Esplode in mezzo al cielo una scia di gente
per noi spettatori estatici da una riottosa rotonda
di Parigi.
E quando verranno a terraformare il nostro cuore,
dei viaggi intergalattici del Subcomandante Marcos
tu cantagli le parole.
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11. |
Il cosmo in una stanza
02:35
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Per fare la tua cosa avevi una casa,
ma ora tutto il cosmo sta dentro la stanza,
espulsi dal fuori dentro una stanza.
La merce dappertutto, agli spazi più niente,
luoghi liberati chiusi a sentenze.
Espulsi dal niente dal niente che avanza.
Produco la mia musica dentro la stanza
se non ha pareti ha sempre algoritmi.
Tu avevi una casa
noi forse una stanza ora che tutto il cosmo
è la mia stanza. Espulsi dal fuori
il dentro deborda. Espulsi dal niente,
dal niente che avanza.
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12. |
Hertziana
04:04
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Il ponte radio cosmista che stai disertando
strangola la voce con cavi d’acciaio.
Crolla esausto sotto il peso
d’episodi che risiedono, temo, solo nel mio cervello.
Accresco il mio ambiente con polveri ostili
consumo un amore sussurrando a tue copie.
Stringimi ancora in un centro di massa
prima di un nuovo pittoresco attacco di panico.
Il blackout emotivo, il mio deflettore
l’ho ingenerato, armato e arredato.
Ora a turno, ora spengo le stelle
ora che i viaggi cosmici sono macerie.
Rimuovi i detriti da questi passaggi
cunicoli stretti, asteroidi cavi.
Tunnel lavici andrai ad abitare
che guardano e istruiscono verso nuovi astri.
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13. |
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Il mio progetto cosmutopico langue,
almeno quanto la capacità di renderti felice.
Intanto il capitalismo spaziale s’espande,
nonostante io lo respinga
con l’azione diretta delle pedivelle.
Mi sono innamorato guardandoti sgranare
il bordo dentato d’un pacco pignoni come
fosse un rosario,
rimuovendo gli accumuli di sporco e di grasso
neanche fossero:
pepite d’oro.
Artefatti alieni.
Cariche elettriche.
Decadimenti atomici.
Feticci sacri.
Rebus carnali.
Onde quadre.
Andro Malis.
Tastierine giocattolo.
Saurischi.
Ornitischi.
Diorami.
Ti ho promesso spazio, tu mi hai dato pulizia,
perdendoci la Cina che atterrava
sul lato oscuro della Luna.
Mi hai strappato un sorriso con lo sgrassatore Quasar,
per far risplendere la stanza come una pulsar.
Questo tuo essere tanto diretta mi fa pensare,
che potresti smarrirti in qualche giro di parole.
In fondo si tratta solo di rallentare
e stare a guardare che piega prendono le cose.
Le imprese spaziali.
Le provviste da altri mondi.
Le zeppe per pedivelle.
Le ricognizioni ufociclistiche.
Le proscrizioni pandemiche.
Le torte all’acqua vegane.
|
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14. |
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Supporto vitale universale,
per ogni cittadino dello spazio.
Ma non sarà mai universale, se non sarà cruelty free.
Antifascismo, liberazione animale,
il medesimo percorso.
Ma non sarà mai antifascismo, se non sarà cruelty free.
Voglio proclamare la mia Zona abitabile,
stabilendo sin da subito
l’abbigliamento extraatmosferico.
La voglio autogestire come spazio intergalattico,
dichiarando pace al resto dell’universo animale.
Voglio arredare il sistema solare
e assistere comodo allo lo schianto
del Baresheet israeliano.
Solo dopo analizzare l’Out of Africa dei Sapiens
scomponendolo con... Fourier.
Insonne osservo con apprensione
i simpatici siparietti della Boston dynamics.
E penso: strano sia il solo a provare un brivido,
d’inquieta ebrezza, di paura attorcigliata a futuro.
Mi sono addormentato sognando Atlas umanoidi
in divise da sgherri.
Mi braccavano dacché polizia e netteza urbana
si fusero per il decoro urbano.
Prudentemente allora mi sono salvato,
sognandomi altrove.
Voglio equipaggiare la mia Zona abitabile
costruendo sin da subito tanti soviet condominio.
Voglio che si gestiscano come cellule d’organismo
redistrubuendo ricchezza e pezzi di vita comune.
Voglio poter guardare il sistema solare
come spazio abitativo multiplanetario,
definendo apparente la necessità del capitale
proprio come fece... Coriolis.
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15. |
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La sua energia una fionda gravitazionale.
L’inerzia contribuisce, fa il resto del lavoro.
La forza impressa si conserva nel momento angolare,
moltiplicato lo pseudovettore.
E mi traduce a tanti anni fa
nell’interplanetaria Critical Mass.
E mi riporta a quella estate là
nell’antiautoritaria Critical TAZ.
Tre girostati nei tre piani perpendicolari,
una leva rallenta il tempo circolare.
Il movimento trasmesso a mezzo catene,
adagiate su ruote dentate.
In cima a un’Ordinary per mostrare il mio valore
contro l’emergente Safety a singolar tenzone.
E mi proietta a un milione d’anni fa
come Ryù che
nel cuore aveva favole per chi le saprà sognare.
Storie di un mondo antico
ragazzi contro parasaurolofo
storie di preistoria
che vivremo tutti con Ryù.
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16. |
Notturno interstellare
02:06
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17. |
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Accipicchia!
Ogni qualvolta porto in campagna i miei figli,
fatalmente vien giù la pioggia.
Ci bagniamo noi e si bagnano tutti gli animali.
Allora i miei figli vorrebbero ripararli dentro la roulotte,
ma io gli dico che non sarebbe giusto.
Anzi, gli animali devono stare il più lontano possibile
dagli esseri umani visto che li considerate solo cibo.
Però sapete: sono capricciosi bambini umani
e per farli smettere di frignare canto loro una canzone
di Gianni Morandi:
quel gufo con gli occhiali che sguardo che ha.
Lo prendi papà? Sì!
La lepre in tuta rossa che corse che fa!
La prendi papà? Sì!
Questa mia roulotte mi sembra l’arca di Noè,
però ci si sta, sei forte papà, stringendosi un po’!
Però ci si sta, sei forte papà, stringendosi un po’!
No, la verità è che a me di gironzolare importa poco.
Sì d’accordo ho voglia di evadere,
ma di evadere veramente: lasciarmi tutto alle spalle.
Dovremmo farlo tutti: staremmo meglio noi
e starebbero molto meglio anche gli animali.
Forse più che una gita fuori porta
il nostro dovrebbe essere un esodo, su altri mondi.
Ecco: se Morandi fosse stato uno spaziale
questa canzone avrebbe suonato così:
Il pianeta tutto rosso che anelli che ha.
Ci vogliamo atterrar? Sì!
Quel tunnel spaziotempo che curva che fa.
Ci vogliamo passar? Sì!
L’alieno tutto verde vuol comunicar
invio numeri primi così capirà,
sulla frequenza dell’idrogeno, li riceverà.
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Cobol Pongide Rome, Italy
Cobol Pongide is a human-robot band featuring Cobol and Emiglino Cicala.
Their toy music is inspired by retrofuture, sci-fi, viewmaster, lonely robots and orphan children.
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